di Elena Castellani , professore associato , Dip. Filosofia, Univ. Firenze , da LE SCIENZE , febbraio 2009 Che cosa distìngue una conoscenza «scientifica» da una conoscenza che non lo è? Nessuno dubita che fisica, biologia o matematica siano «scienze», ma quando ci chiediamo che cosa sia scientifico vogliamo sapere qualcosa di più di un semplice elenco. Ci interessa capire che cosa contraddistingue le scienze in quanto tali. La domanda, che è quella con cui iniziano i manuali di filosofia della scienza, non è oziosa, vista la carica valutativa che di solito accompagna l'attribuzione di scientificità a una forma di sapere. Per quanto le posizioni sul valore positivo o negativo della scienza possano differire, è un'opinione accettata che, per essere scientifica, una conoscenza debba essere «razionale», «oggettiva» (nel senso di valida intersoggettivamente) e «fondata» (sull'esperienza, se si occupa del mondo esterno, e dal punto di vista logico-matematico, se usa un linguaggio formalizzato). Chiarire che cosa s'intenda esattamente con questi attributi e discutere se la conoscenza scientifica sia caratterizzabile in questi termini è uno dei compiti dei filosofi della scienza. Ma come si procede per raggiungere una conoscenza che soddisfi le caratteristiche richieste o, almeno, per appurare che la conoscenza raggiunta le soddisfi? La questione della natura della conoscenza scientifica è legata a quella del «metodo scientifico»: cioè se sia possibile definire, e come, un metodo seguendo il quale siamo sicuri del carattere scientifico della conoscenza acquisita. E buona parte del dibattito filosofico sulla scienza è stata centrata proprio sulla ricerca di una caratterizzazione generale del metodo scientifico: dal metodo induttivo di baconiana memoria alla più sofisticata induzione probabilistica; dal falsificazionismo popperiano a forme sempre più estreme di pluralismo metodologico...............Come nel caso di molte altre questioni filosofiche, non si è arrivati a nessuna soluzione che non presenti a sua volta problemi. D'altronde le discipline che consideriamo scientifiche sono anche molto diverse tra loro: ha senso cercare un metodo che valga per tutte? La domanda si pone anche rimanendo nell'ambito di una stessa disciplina. La fisica per esempio, che storicamente è stata presa come il paradigma di scienza, non è una disciplina omogenea: gli argomenti, i concetti, i linguaggi e le tecniche usate differiscono a seconda del campo d'indagine.................E così, se ci si occupa di settori in cui il progresso della fisica richiede un uso sempre più sofisticato della matematica e in cui si è spesso lontanissimi dalle scale fisiche accessibili nei laboratori, come nel caso della teoria delle stringhe, non ha molto senso pretendere di applicare gli stessi criteri di progresso e controllo della teoria che possiamo usare nel caso di dati sperimentali a immediata disposizione. Ciò non vuoi dire rinunciare a un riscontro empirico, ma solo che le modalità e i tempi nel rapporto con l'esperienza sono diversi a seconda dei casi...........Come era ben chiaro a Paul A.M. Dirac, uno dei maggiori fisici del Novecento, che inizia il suo lavoro del 1931 sui monopoli magnetici con le seguenti magistrali considerazioni metodologiche: «Ci sono, al presente, problemi fondamentali nella fisica teorica [...] la soluzione dei quali richiederà presumibilmente una revisione dei nostri concetti fondamentali più drastica di quanto non sia successo finora. Molto probabilmente questi cambiamenti saranno così ingenti che sarà ben al di sopra dei poteri dell'intelligenza umana ottenere le nuove idee necessarie da tentativi diretti di formulare i dati sperimentali in termini matematici. In futuro, chi lavorerà in campo teorico dovrà perciò procedere in modo più indiretto. Il più potente metodo di avanzamento da suggerire al presente è impiegare tutte le risorse della matematica nel cercare di perfezionare e generalizzare il formalismo matematico che forma la base esistente della fisica teorica, e dopo ogni successo in questa direzione provare a interpretare i nuovi aspetti matematici nei termini di entità fisiche»..............Dirac aveva ragione: molti progressi fondamentali della fisica contemporanea sono figli di sviluppi teorici del tipo sopra descritto. Un esempio per tutti: la scoperta del positrone (e quindi dell'antimateria), previsto in modo teorico da Dirac nel 1930 e osservato un paio di anni dopo.
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